In Lacan
La logica del perceptum, messa a punto da Lacan nello scritto Una questione preliminare, è debitrice, almeno nell’impianto preliminare, del lavoro di Merlau-Ponty, in particolare del testo Fenomenologia della percezione.
Il perceptum secondo Lacan è strutturato, il percepito è organizzato, ciò che il soggetto percepisce dipende da certe condizioni del campo percettivo. Esso ha determinate caratteristiche dalle quali dipende la percezione che se ne ha
Ma anche il percipiens, colui che percepisce è implicato nel perceptum, egli non è esterno al percepito ma è parte del campo percepito. Il percipiens, colui che percepisce, è funzione del percepito, è determinato dalla struttura del percetto.
Nel seminario XI di Lacan assistiamo a una vera e propria formalizzazione della funzione dello sguardo.
Il primo passaggio è l’analisi della funzione dell’illuminazione messa a punto da Marleau-Ponty in Il visibile e l’invisibile.
In questo testo il filoso francese rafforza le posizioni dello scritto precedente – Fenomenologia della percezione – e afferma che “l’illuminazione dà a vedere”, cioè non solo rende possibile la visione ma la orienta, la anticipa, dunque che “la visione più che un atto del soggetto della percezione è già presente nello spettacolo del mondo e che noi rispondiamo con la nostra visione, a ciò che è come un appello del mondo percettivo, con il quale ci accordiamo”(Miller J.-A. 1998 p.187-188).
L’illuminazione non solo rende possibile vedere le cose ma le vede prima che esse siano viste da parte del soggetto della visione, e il loro essere viste da parte del soggetto non è che un tentativo di entrare in risonanza con la visione dell’illuminazione.
La teorizzazione di Lacan si distacca dalla linea indicata da Merleau-Ponty rispetto alla nozione di sguardo. Per Lacan lo sguardo, non sta dal lato del soggetto della visione, nella sua facoltà di rispondere e accordarsi con l’illuminazione, ma dal lato dell’illuminazione. E’ relativo a una concentrazione dell’illuminazione in un punto del campo visivo.
“Lo sguardo Lacaniano è quel che ci include in quanto essere guardati nello spettacolo del mondo” (Miller J.-A. 1998 p.187-189).
Collocando lo sguardo come l’oggetto che compare nel campo visivo Lacan determina come diviso il soggetto della visione e mette in evidenza una nuova idea di soggetto, il soggetto diviso dall’oggetto. Il soggetto preso nel campo scopico si trova scisso tra il presunto padrone della visione (l’occhio) e la vittima dello sguardo. La doppia e simultanea posizione del soggetto, rappresentato mentre rappresenta, visto mentre vede è la schisi tra occhio e sguardo alla quale è sempre sottoposto il soggetto preso nel campo visivo.
Nello psicodramma
La differenza essenziale tra l’analisi e lo psicodramma analitico passa per lo sguardo (P Lemoine).
E’ infatti nella dimensione scopica, nell’atto di vedersi durante il gioco, la rappresentazione, che si sviluppa l’analisi del discorso. Questo sguardo in rapporto al transfert del gruppo non ha funzione illusoria ma conoscitiva; lo psicodramma smantella l’immagine dell’io ideale in cui il soggetto vorrebbe identificarsi, nascondendosi innanzi tutto a se stesso per nascondersi agli altri.
Nello psicodramma è lo sguardo comune del gruppo che conduce il soggetto a distinguersi tra quello che è e quello che sembra essere. Se il soggetto non ci rivelasse nient’altro che una maschera, si troverebbe come in un gruppo reale in una relazione d’amore in cui, quando si offre allo sguardo, si presenta sotto l’aspetto di maschio e di femmina. Nello psicodramma, per la relazione del transfert, il vedere, che nei gruppi reali fornisce un alimento al desiderio sessuale, è rimpiazzato dallo sguardo che individua la falla e mette in luce il desiderio solo per sottolineare la mancanza, vale a dire ciò che divide il soggetto.
E’ importante il fatto che il terapeuta non risalti nel campo visivo del partecipante al gioco. Infatti se gli si porrà di fronte, il terapeuta gli impedirà di svolgere il suo discorso davanti al gruppo e il soggetto non si rivolgerà più che a lui; si trascurerebbe in tal caso la dimensione del transfert laterale. Esiste una giusta distanza; perché il transfert funzioni, il terapeuta deve spesso mettersi alle spalle del soggetto e persino dietro il gruppo, come se si trattasse di un paziente in analisi, a meno che non pensi di doppiarlo per enucleare il senso del discorso. Ma può essere necessario che il soggetto incroci il suo sguardo con quello del terapeuta, che il terapeuta divenga visibile ponendosi a fianco del partecipante, anche se a distanza. Il suo sguardo non rimanda allora al soggetto la sua immagine, ma la attraversa. Questo sguardo non è quello del vedere, rappresentato dalla madre nella fase dello specchio e che unifica, ma uno sguardo che rende significante.
Il terapeuta guarda altrove allo stesso modo in cui l’analista capisce altro.
Questo è l’aspetto topologico dell’utilizzazione della dimensione scopica da parte del terapeuta. (Croce E.).
Pulsione scopica
E’ quella pulsione che ha a che fare con lo sguardo, con il desiderio di guardare, è una delle pulsioni più attive e intensamente cariche di investimento.
Bibliografia
Lemoine P. 1975 La pulsione scopica. In Atti dello psicodramma vol.I Ubaldini Editore, Roma.
Lacan J. L’objet de la psychanalyse del 1965-1966
Lacan J. Una questione preliminare a ogni possibile trattamento della psicosi. Torino, Einaudi, 2002, vol. 2.
Lacan J., Il seminario. Libro X, L’angoscia 1962-1963, Torino, Einaudi, 2007.
Lacan J., Il seminario. Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi 1964, Torino, Einaudi, 2003.
Lacan J., Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io, in Scritti, Torino, Einaudi, 2002, vol. 1.
Lacan J., Nota sulla relazione di Daniel Laghace: Psicoanalisi e struttura della personalità, in Scritti, Torino, Einaudi, 2002, vol. 2.
Lacan J., Una questione preliminare ad ogni possibile trattamento della psicosi, in Scritti, Torino, Einaudi, 2002, vol. 2.
Merleau-Ponty (1945) Fenomenologia della percezione. Bompiani Milano 2003
Merleau-Ponty (1960) L’occhio e lo spirito. SE, Milano, 1989
Merleau-Ponty (1964) Il visibile e l’invisibile. Bompiani Milano 2007
Miller, Jacques-Alain, Silet, La Psicoanalisi n.23, 1998.
Pagliardini A. (2014) L’oggetto sguardo nell’insegnamento di Lacan. Lebenswelt. Aesthetics and philosophy of experience. N.5, 2014 pp64-77