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Nello psicodramma freudiano il corpo è nello sguardo e nell’ascolto dell’altro. C’è quindi prima di tutto un corpo immaginario dove la funzione della parola (del conduttore e dell’osservatore) e del gioco vanno nella direzione di un taglio che apra al simbolico. “In psicoanalisi come nello psicodramma ci muoviamo senza perdere di vista quell’operazione freudiana fondante il dispositivo: convertire il visibile in udibile, non al punto di farlo scomparire ma decostruendo il godimento dello spettacolo per introdurre la dimensione dell’assenza” ( Tagliaferri in Aavv. 2009, pag.19). Questo passaggio ha a che fare (anche) con i corpi – corpi e pezzi di corpi affetti dal sintomo (e quindi dal godimento) che possono aprirsi ad una simbolizzazione. “Ciò che accade in un gioco psicodrammatico, allora, è che il gesto, lontano dall’essere fine a se stesso, si accompagna alla parola dandole spessore drammatico, oppure rivelandone i vuoti, gli arresti, le contraddizioni. L’animatore sottolineando le parole e le scansioni del discorso e del corpo non fa altro che rivelare il discorso inconscio dei partecipanti dietro il discorso cosciente” (Chiavegatti in Croce- a cura di -, 1985, pag. 67).

“La nozione di corpo rimanda a una costruzione progressiva nell’ annodamento dei tre registri: la prima concettualizzazione la troviamo nello Stadio dello specchio […]si può dire che il corpo è costituito a questo livello dall’organismo più un’immagine, che rende ragione dell’uno della consistenza immaginaria […] la relazione speculare necessita della presenza di un organismo vivente e di un Altro ( la madre in prima istanza) che attribuisce un nome ed è indice di un desiderio particolare. Questa costruzione simbolica comporta che i significanti dell’Altro precedano il soggetto e che esso stesso assuma progressivamente questi significanti come determinazioni delle sue identificazioni parziali. Per poterlo fare, il soggetto incarna i tratti specifici che gli provengono dai significanti dell’Altro e cede una parte di godimento del suo essere vivente in un regime di alienazione […] nel piccolo gruppo si scopre progressivamente che il soggetto parlante non è il suo corpo, ma è il discorso a dargliene uno. […] Riprendendo la nozione di sintomo come evento di corpo, voglio sottolineare la dimensione del reale del godimento in gioco nell’approccio della clinica analitica. La parola evento mette in luce l’effetto di contingenza del rapporto tra il significante e il godimento. Il corpo si sposta allora dalla sua costruzione simbolica a quella del reale pulsionale, in parte inassimilabile alla parola e alle immagini. Lo psicodramma analitico, all’interno dell’etica della psicoanalisi, si propone di costruire, assieme agli analizzanti, piccoli e grandi, del tutto o parzialmente, la possibilità per soggetto di un legame sociale, che lo costituisca come desiderante” (Gerbaudo 2014, pag 95-105)

Con lo psicodramma analitico si opera quindi nella direzione di una rinuncia del corpo al godimento autoerotico e solitario, e nello stesso tempo, ad un aldilà dell’ideale immaginario corporeo. Gli interventi del conduttore, l’osservazione, il gioco e le sottolineature, permettono al soggetto di accedere ad una castrazione simbolica, una perdita di godimento e un possibilità di accedere al legame sociale.

Lo psicodramma analitico può inoltre offrire lo spazio fisico e mentale per entrare in contatto con ricordi relativi alla memoria implicita, ricordi prenatali che riguardano i primi tentativi del feto di “agganciare” la sua esistenza psichica e fisica. “Per esempio, penso a una percezione sensoriale of erta da movimenti propriocettivi del corpo materno, oppure alla ritmicità, ai rumori, in seguito alla nascita agli odori, ai sapori e ancora successivamente alle ombre chiaro-scure, ai colori vivi e essenziali, alla sensorialità termica del caldo-freddo, al senso del liscio e vellutato, del ruvido, del grosso, dello spessore, delle varie piacevolezze, del dolore acuto, a spillo, etc.” ( Pani in aavv. 2009, pag.24)

Corpo e psicosi
Moreno Blascovich così descrive, a partire dalla clinica dello psicodramma, l’esperienza corporea della psicosi “Gli sguardi di chiunque, del conosciuto come dello sconosciuto sono privi di distanza, sono essenzialmente invasivi, c’è l’urgenza di un’invenzione, per ripararsi, ma non è mai una volta per tutte […] non c’è riconoscimento del proprio posto, del proprio spazio, del proprio corpo, c’è solo invasione, non c’è nulla che tenga, non ci sono punti di tenuta. In questi soggetti il corpo risulta devastato dallo sguardo dell’Altro ma anche dal mondo che l’altro vive e che lo ingloba” (Blascovich in Aavv. 2010, pag.53-54) e aggiunge “Quando ci of rono questi spaccati di relazioni con i loro corpi non possiamo fare a meno che intenderli come testi, come un testo, un testo scritto da cui dobbiamo partire, non sarà una lettura facile, alle volte entrare nei loro testi è come entrare in un labirinto. Per noi comunque è un soggetto con la sua parola e con il suo corpo, un corpo parlante come ci indica Freud fin dagli studi sull’isteria” (ibidem pag. 56).

Aavv., Quaderni di psicoanalisi e psicodramma analitico, il corpo nello psicodramma analitico, luglio 2009, anno 1, n. 1-2

Aavv., Quaderni di psicoanalisi e psicodramma analitico, il corpo in psicoanalisi e psicodramma analitico, dicembre 2010, anno 2, n. 2

Croce E.B. ( a cura di), Acting out e gioco in psicodramma analitico, Borla, 1985.
Gerbaudo R., Gruppo e gioco, lo psicodramma analitico nella clinica e nella formazione, Biblioteca dell’ Ippogrifo,
2014